9/23/2010

BE BOP PAINTING

Caotica ed avvolgente come un pezzo jazz be-bop appare la pittura di Enrico Verrecchia impregnata di rimandi alla beat generation Jack Kerouac e Brigitte Bardot una pittura che profuma di anni Cinquanta e Sessanta Jasper Johns l'action painting di Jackson Pollock ma anche i doppi décollages di Mimmo Rotella quello dei manifesti come Acciaio Blu con John Wayne o Marylin

Fra pop art e informale, l'artista fiorentino dipinge le sue grandi tele che sanno di happening frammischiando segni colori immagini in grandi improvvisazioni versicolori di acrilici brillanti (i Senza titolo), caleidoscopici riassunti della contemporanea società dell'immagine

Appunti di idee riflessioni suggestioni colori immagini trinciati frullati mischiati (Telefonando) coacervo di film liquori sigarette veduti bevuti fumate atmosfere retro pupe di gangster movies modelle attori icone dello star system e dell'immaginario collettivo (Sono Bond) (serie dei Film Fun) della società consumistica (Real Free) (Madame Alleluja) paesaggi urbani di luci al neon clacson segnali stradali graffiti flash frammenti spezzoni di discorsi diversi senza collante blog impazzito di pittura

Sempre on the Pop Art Road interessanti le fotografie seriali ritoccate dove l'influenza di Andy Warhol (la serie dei Gable) o per restare in ambito italiano Mario Schifano è palese (Saint Tropez con la Bardot) (A51) (A52)


Studio Balance Sabato 2 ottobre 2010, ore 18

Piergiacomo Petrioli

4/17/2010

GIOVANI ARTISTI IN BELLINGHAM


Il termine con cui veniva definito l'artista nel mondo greco antico era technites. Ovvero l'artista era un maestro di tecnica e l'arte era appunto techne, perizia, mestiere. La conoscenza della tecnica, o, per citare Cennino Cennini, “l'abilità di mano”, è da sempre base imprescindibile per dare corso alla “fantasia”, ovvero all'espressione; e l'incisione è tecnica raffinata dove tale connubio si rivela particolarmente rilevante, nella sapiente miscela dell'acido che traccia i solchi sulla lastra metallica, nella composizione dell'inchiostro tipografico, nella selezione fra acquatinta, acquaforte, cera molle, maniera nera, nella qualità e nel taglio della matrice lignea...
Questa variegata mostra vuole offrire un saggio delle conoscenze tecniche ed espressive raggiunte da alcuni giovani artisti del dipartimento di Belle Arti della Western Washington University di Bellingham. Si tratta di incisioni; acqueforti, acquatinte, litografie, xilografie, eseguite dagli studenti americani nel corso dei lori studi di quest'anno accademico. Gli allievi mostrano, pur con qualche differenza, una notevole versatilità tecnica e, per certi versi, padronanza dei differenti mezzi e delle possibilità varie offerte dal mezzo artistico.
I presenti lavori sono opera di artisti all'inizio del loro curriculum, alla ricerca ancora di un proprio linguaggio espressivo personale; denotano infatti alcune incisioni il carattere di studio, sia anatomico (vedi il teschio di Callie Christeson, ad esempio), sia del medium, ed il piacere, tutto giovanile, della scoperta e della sperimentazione. Tuttavia alcune opere mostrano anche come questi studenti manifestino già una decisa personalità nella scelta di temi e di un individuale linguaggio.
Ad esempio, le opere di Callie Christeson che rimandano a temaniche del West, o quelle di Chase Boston e Teresa Grasseschi, sempre di impronta decisamente americana nelle figure e scene che paiono ritratti di gente del Midwest. Particolarmente interessanti sono gli esperimenti formali di Tim Kenney e la sua personalissima ricerca di tradurre immagini di radiografie in acquatinta e acquaforte con soluzioni davvero originali al limite del surrealismo; l'ironica critica al linguaggio televisivo in Hunter Buck, dove microfoni divengono selva oscura e selvaggia, caotica palizzata impenetrabile (Hemi) e la drammatica espressività della policroma xilografia di Elizabeth Butterworth Suicide. Tinnel Hillis, se in Give me Her Secrets gioca con rimandi formali alla sublime lezione dei Capricci di Goya o del simbolismo contemporaneo di un Max Klinger (Angel of Death), per altri versi mostra inclinazioni di vago sapore calligrafico da japonisme art noveau in Line Etching, in She always wondered where they went..., e in Himeji Palace dal sapore di illustrazione ottocentesca. Come orientali, evanescenti ed eleganti appaiono le creature marine di Lindsay Kholes evocate in fili tenui d'inchiostro.
Infine, questa piccola esibizione senese vuole al contempo portare alla conoscenza del pubblico italiano la frugifera scuola artistica della Western Washington University ed essere di stimolo ed augurio a questi giovanissimi talenti americani.

Piergiacomo Petrioli

4/06/2010

Upcoming Exhibit

WWU.PRINTMAKERS.ITALY


Prints by Students of the Fine Arts Department of Western Washington University

Opening: April 24th, 6,00-8,00 pm

2/13/2010

DAYDREAMERS

Il titolo di questa mostra di Marcella Foresio rimanda ad un bel testo di Ian McEwan, The Daydreamer, dove il protagonista, Peter Fortune è un bambino di undici anni, considerato “difficile”, ovvero estraneo al mondo, a causa del suo perenne fantasticare, ed in questo suo vagare (e svagarsi) in un universo onirico, da lui creato, si assenta, perdendo la cognizione del tempo e della realtà. Metafora sulla condizione dell'artista. Infatti il volume dello scrittore inglese può essere usato quale chiave di lettura per comprendere le opere della giovane scultrice, dove lo spaesamento delle figure modellate si esprime sotto forma di frammentaria contemplazione poetica.

I lavori, che richiamano talvolta l'alta lezione di un Quinto Martini, per materiali ed impostazione delle figure, rappresentano una elegia del frammento, sono memoria dispersa che volti pensosi e tormentate mani tentano a fatica – o invano - di riunire in discorso compiuto, di darle infine logica coerenza. Tale idea appare evidente nella serie di opere a collages dal titolo La lettera, in Quando qualcosa mi chiama, oppure in Ascolta (nel vento). I lacerti di lettere, frantumi di segni, di idee, di sogni sono asarota, spezzoni di ricordi, fantasie, pensieri, emozioni che scaturiscono da figure immobili ed algide, costituendo parte della loro identità (memoria) anche estetica, ma che al contempo ne sono distaccati da un secco iato materico (ferro / carta) e cromatico (nero / ocra), che divide l'opera in due sezioni distinte e incomunicabili. In Due, una coppia di volti un po' trasfigurati e meditabondi, estranei, benché partecipi della stessa opera non comunicano, appaiono come entità fra loro assenti, emergenti dalla profondità oscura e torbida dello sfondo. E tuttavia i lavori dell'artista sono un colloquio tutto materico e cromatico fra materiali poveri (ferro, legno grezzo, terracotta e carta), fra bianchi, ocra e grigi, trascoloranti nel rosso aranciato della ruggine. Si tratta di un gioco d'intensa emotività in cui le figure appaiono comunque solitarie, estranee e stranite. Silenzioso pensiero, ad esempio, mostra una quinta metallica ed algida, sulla quale si staglia una incandescente colata rugginosa, stanza senza porte o finestre, luogo ermetico, la candida figura s'avvolge in se stessa, ouruboros, forma chiusa. In alcuni titoli, come in Notte accesa / fumante delirante / divento luna, compare la struttura dell'haiku giapponese, frammento zen di realtà; in questa opera il colore acrilico, intenso e parsimonioso, gioca con quello naturale dei materiali; altrove la strofa, il ritmo dell'haiku evapora nella forma astratta di Accanto a lui / immobile sedeva / la sua chitarra, fino all'estreme conseguenze di Volo e Sogno.

Piergiacomo Petrioli



1/30/2010

Upcoming exhibit

L'INVENTORE DI SOGNI

Personale di Marcella Foresio


Opening: February 20, 2010, 6,00-8,00 pm

1/29/2010

LOST WITHOUT TRANSLATION



C'è in queste immagini un senso di caduca vanitas delle cose, un effimero che si fa eterno, un transeunte raggelato nell'incanto dello scatto fotografico. Oggetti quotidiani, brandelli, schegge, che divengono protagonisti, ovvero, isolati ed estrapolati dal loro contesto, si propongono, grazie a scorci audaci dell'obiettivo di Fantoni, centro di una bellezza universale, eterna. Come relitti trasportati dalla marea della vita sulla battigia deserta, ecco sfilare i bei ritratti di un desolato onnagata e di una donna matura, foto capaci di racchiudere una vita intera nel sentimento del colore e del taglio audace dell'immagine. Rosse stoffe perse su grigi gradini, lacerti di scritte graffite su vetri o motivi di involontario design su staccionate dimesse, lanterne banali, foto semplici di tazze da the che rimandano all'essenziale venustà del mu-tei (giardino zen di pietre e sabbia), giochi di specchi in bagni ordinari, palme d'appartamento, luci artificiali che violentano i colori; particolari che si fanno tutto, fulcro, che acquistano assolutezza estetica, grazie all'occhio dell'artista. Il fascino di queste immagini risiede proprio nel fatto che esprimono un sentimento totale attraverso una elegiaca poetica del frammento.
Davide Fantoni, giovane fotografo, laureatosi in lingua e letteratura giapponese a Firenze, vive ormai da molti anni a Tokyo. Il suo quindi non è il Giappone visto con il passivo occhio ammaliato del neofita namban-jin (“barbaro del Sud” come i giapponesi chiamavano gli occidentali), imbevuto di “pittoresco” ed alla ricerca dell'esotico, bensì questa serie di scatti ci sanno offrire un vivido caleidoscopio di frammenti di quotidianità e, composti, una visione che è quella del lontano “Est” attraverso l'intima percettività dell'artista. Sensibilità che non è mai banale ed ovvia, ma anzi deriva da una profonda conoscenza della cultura e della società nipponica, attraverso la prospettiva di chi, lasciato l'Occidente non è comunque parte dell'Oriente e si trova, nella tragica ed, al contempo, fortunata posizione di essere partecipe e straniero, di sentirsi appunto in quel mondo perso senza, tuttavia, misunderstanding alcuno, senza errori nella traduzione da Ovest a Est.

Piergiacomo Petrioli