2/13/2010

DAYDREAMERS

Il titolo di questa mostra di Marcella Foresio rimanda ad un bel testo di Ian McEwan, The Daydreamer, dove il protagonista, Peter Fortune è un bambino di undici anni, considerato “difficile”, ovvero estraneo al mondo, a causa del suo perenne fantasticare, ed in questo suo vagare (e svagarsi) in un universo onirico, da lui creato, si assenta, perdendo la cognizione del tempo e della realtà. Metafora sulla condizione dell'artista. Infatti il volume dello scrittore inglese può essere usato quale chiave di lettura per comprendere le opere della giovane scultrice, dove lo spaesamento delle figure modellate si esprime sotto forma di frammentaria contemplazione poetica.

I lavori, che richiamano talvolta l'alta lezione di un Quinto Martini, per materiali ed impostazione delle figure, rappresentano una elegia del frammento, sono memoria dispersa che volti pensosi e tormentate mani tentano a fatica – o invano - di riunire in discorso compiuto, di darle infine logica coerenza. Tale idea appare evidente nella serie di opere a collages dal titolo La lettera, in Quando qualcosa mi chiama, oppure in Ascolta (nel vento). I lacerti di lettere, frantumi di segni, di idee, di sogni sono asarota, spezzoni di ricordi, fantasie, pensieri, emozioni che scaturiscono da figure immobili ed algide, costituendo parte della loro identità (memoria) anche estetica, ma che al contempo ne sono distaccati da un secco iato materico (ferro / carta) e cromatico (nero / ocra), che divide l'opera in due sezioni distinte e incomunicabili. In Due, una coppia di volti un po' trasfigurati e meditabondi, estranei, benché partecipi della stessa opera non comunicano, appaiono come entità fra loro assenti, emergenti dalla profondità oscura e torbida dello sfondo. E tuttavia i lavori dell'artista sono un colloquio tutto materico e cromatico fra materiali poveri (ferro, legno grezzo, terracotta e carta), fra bianchi, ocra e grigi, trascoloranti nel rosso aranciato della ruggine. Si tratta di un gioco d'intensa emotività in cui le figure appaiono comunque solitarie, estranee e stranite. Silenzioso pensiero, ad esempio, mostra una quinta metallica ed algida, sulla quale si staglia una incandescente colata rugginosa, stanza senza porte o finestre, luogo ermetico, la candida figura s'avvolge in se stessa, ouruboros, forma chiusa. In alcuni titoli, come in Notte accesa / fumante delirante / divento luna, compare la struttura dell'haiku giapponese, frammento zen di realtà; in questa opera il colore acrilico, intenso e parsimonioso, gioca con quello naturale dei materiali; altrove la strofa, il ritmo dell'haiku evapora nella forma astratta di Accanto a lui / immobile sedeva / la sua chitarra, fino all'estreme conseguenze di Volo e Sogno.

Piergiacomo Petrioli